Siamo i ragazzi della classe IV D del Liceo classico "G. D'Annunzio" (Pescara).
Partecipiamo a questo concorso perché abbiamo un interesse comune : quello di dar voce alle nostre opinioni sui principi della Legalità e della Libertà. I nostri lavori sono coordinati dalla prof.ssa Annapaola Giansante e con lei aderiamo ai progetti presenti a scuola (incontri con studiosi e referenti delle forze armate civili).

martedì 26 aprile 2011

25 aprile: Liberazione d'Italia!

Il 25 aprile in Italia è la Festa della Liberazione, si ricorda cioè l'anniversario della liberazione dal nazifascismo.
Durante la seconda guerra mondiale (1939-1945), dopo il 1943, l'Italia si ritrovò divisa in due: al nord Benito Mussolini e i Fascisti avevano costituito la Repubblica Sociale Italiana, vicina ai tedeschi e al Nazismo di Hitler, mentre al sud si formò in opposizione il governo Badoglio, in collaborazione con gli Alleati americani e inglesi.
Per combattere il dominio nazifascista si era organizzata la Resistenza, formata dai Partigiani. Questi erano uomini, donne, giovani, anziani, preti, militari, persone di diversi ceti sociali, diverse idee politiche e religiose, ma che avevano in comune la volontà di lottare personalmente, ognuno con i propri mezzi, per ottenere in patria la democrazia e il rispetto della libertà individuale e l'uguaglianza.

Il 25 aprile 1945 i Partigiani, supportati dagli Alleati, entrarono vittoriosi nelle principali città italiane, mettendo fine al tragico periodo di lutti e rovine e dando così il via al processo di liberazione dell'Italia dall'oppressione fascista.
Qualche anno dopo, dalle idee di democrazia e libertà, è nata la Costituzione Italiana.

Di seguito vi elenchiamo alcuni esempi di libri che sono ambientati e parlano del periodo della Resistenza italiana. Gli autori sono stati essi stessi testimoni della Seconda Guerra Mondiale e vogliono raccontare, ognuno a suo modo, le esperienze fatte e i segni lasciati da uno dei periodi che più ha segnato il nostro Paese.

Il sentiero dei nidi di ragno - Italo Calvino
Sentiero dei Nidi di RagnoAmbientato in Liguria, tra gli stretti vicoli di un paesino della Riviera di Ponente, durante la Resistenza. Il protagonista è Pin, un ragazzino solo e senza guida. La sorella fa la prostituta e tra i clienti ha anche i militari tedeschi; per questo motivo Pin viene scartato e insultato. Per ripicca e per avere la considerazione degli adulti, il bambino decide di rubare la pistola all'amante della donna e di nasconderla. Questo gesto scatenerà una serie di eventi che lo porterà ad essere messo in prigione dai tedeschi e, una volta scappato, ad entrare in contatto con i gruppi di partigiani che si nascondevano tra i monti, diventandone parte integrante. Nel condividere con loro la difficile vita da ribelli, con l'oppressione degli invasori tedeschi, imparerà ad affrontare la realtà di un paese in guerra, con l'aiuto del nuovo amico Cugino, diventato una sorta di padre adottivo.

La casa in collina - Cesare Pavese
Casa in Collina - Cesare PaveseIl libro narra le vicende di Corrado, durante l'estate del 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale. L' uomo è un professore quarantenne che vive sulle colline antistanti Torino, non è sposato e ha due donne, madre e figlia, che si occupano di lui e dell'andamento domestico. Corrado tutte le sere si rifugia sulle colline per scampare ai bombardamenti tedeschi sulla città e, così come sfugge alla guerra e ad un quasi obbligato schieramento politico, evita anche di prendersi responsabilità negli altri campi della vita. Tra i partigiani ha amici, Cate, una fiamma del passato, e il figlio di lei, probabilmente suo; nonostante questo non si sbilancia seguendo i loro ideali e le loro azioni. La guerra incombe, i tedeschi incalzano e i suoi amici vengono arrestati, forse uccisi, ma lui fugge e per salvarsi abbandona anche il giovane ragazzo, affidatogli da Cate: niente sembra scrollarlo dalla sua vigliaccheria. Un giorno però si imbatte per caso nella cruda uccisione di alcuni fascisti, da parte dei partigiani di zona. La morte e il sangue così vicini e reali lo fanno riflettere amaramente sulla sua vita e sul periodo storico in cui si trova: la guerra tocca tutti, prima o poi, nessuno riesce a sottrarsi. Tramite Corrado si vive il duro periodo della guerra e dell'inizio della creazione dei gruppi partigiani.

Il partigiano Johnny - Beppe Fenoglio
Partigiano Johnny - Beppe FenoglioE' il settembre del 1943 quando Johnny, un giovane studente di letteratura con l'amore per la cultura anglosassone, decide di unirsi ai partigiani della sua città Alba, nel Monferrato piemontese. Lo fa non tanto per convinzione ideologia, quanto più forse per aver immaginato poeticamente e astrattamente quella vita avventurosa. La realtà però si rivela tutt'altro che epicamente magica: è una lotta quotidiana contro la morte, la fame, la solitudine e soprattutto la guerra che provoca tutto questo. Le guerriglie e le lotte portano il giovane a trovarsi solo, senza più nessun amico, solo con la natura che lo circonda. Ha così la possibilità di fare un'attenta analisi introspettiva, che lo porta a realizzare quanto la guerra possa distruggere un uomo, le sue certezze, i suoi sogni e i suoi desideri. Johnny torna tra la gente, ma non è più in grado di integrarsi normalmente. Il libro è incompiuto, ma è comunque considerato uno dei più pragmatici e originali romanzi sulla Resistenza italiana. Nel 2000 è stato anche tratto un film, che ha lo stesso titolo.

Il clandestino - Mario Tobino
Il Clandestino di Mario TobinoIl romanzo è ambientato nella Toscana della Resistenza. Racconta di un gruppo di ragazzi, colti e ben educati, che per combattere il fascismo si dedica ad una complicata vita sotterranea. Quello che li fa resistere e andare avanti nella loro lotta è l'amore per la propria città Medusa (nome di fantasia per Viareggio), la profonda fede nelle loro ideologie politiche e l'ardente desiderio di giustizia. Tra di loro c'è Anselmo, un giovane medico (il personaggio più simile allo scrittore), che suo malgrado si è trovato a dover affrontare gli orrori della guerra e vorrebbe soltanto poter vivere il suo Paese e la sua adorata città, senza pensare al passato. La visione romantica della vita è costretta continuamente a cozzare col violento realismo del tempo, ma non soccombe mai.

venerdì 22 aprile 2011

Un grande Summit sulla condizione femminile nel Mondo: La Conferenza di Pechino

La IV Conferenza dell'Onu sulle donne, svoltasi a Pechino nel settembre 1995, ha messo in evidenza la disparità di trattamento (in base all'istruzione, al lavoro, al trattamento economico, alla posizione nella famiglia nei confronti del coniuge e dei figli, alla proprietà e alla partecipazione sociale e politica) e la violenza cui è sottoposta la parte femminile dell'umanità. Per costruire una reale parità con gli uomini, soprattutto con padri e mariti, è necessario un impegno di tutti, individui e governi, che valorizzi il lavoro femminile e il ruolo della donna nella società. Problemi molto gravi per peso sociale ed estensione riguardano milioni di donne che vivono sul nostro pianeta. Si tratta, per prima cosa, del diritto della donna al proprio corpo, a scelte autonome e responsabili circa la propria sessualità e salute. Inoltre, le donne sono le prime vittime del problema demografico, della fame, del degrado ambientale, del mancato rispetto dei diritti civili, del razzismo e del rifiuto di accogliere la multiculturalità. Infine esse subiscono in modo più grave e pesante gli effetti negativi degli squilibri socio-economici e delle guerre. Anche nella Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo (1995) è stata messa in rilievo la necessità di valorizzare il ruolo della donna, essenziale per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile per tutto il pianeta. Ricordando "quanti motivi ha la Chiesa per desiderare che, nella Conferenza di Pechino, si ponga davvero nel dovuto rilievo il "genio della donna"", pochi mesi prima (Lettera alle donne, 29 giugno 1995) papa Giovanni Paolo II aveva scritto: "Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l'indispensabile contributo che dai all'elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del mistero, alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità. Sì, è l'ora di guardare con il coraggio della memoria e il franco riconoscimento delle responsabilità alla lunga storia dell'umanità, a cui le donne hanno dato un contributo non inferiore a quello degli uomini, e il più delle volte in condizioni ben più disagiate. Della molteplice opera delle donne nella storia, purtroppo, molto poco è rimasto di rilevabile con gli strumenti della storiografia scientifica. Per fortuna, se il tempo ne ha sepolto le tracce documentarie, non si può non avvertirne i flussi benefici nella linfa vitale che impasta l'essere delle generazioni che si sono avvicendate fino a noi. Rispetto a questa grande immensa tradizione femminile, l'umanità ha un debito incalcolabile. I gravi problemi sul tappeto vedranno, nella politica del futuro, sempre maggiormente coinvolta la donna: tempo libero, qualità della vita, migrazioni, servizi sociali, eutanasia, droga, sanità e assistenza, ecologia, ecc. Per tutti questi campi, una maggiore presenza sociale della donna si rivelerà preziosa, perchè contribuirà a far esplodere le contraddizioni di una società organizzata su puri criteri di efficienza e produttività e costringerà a riformulare i sistemi a tutto vantaggio dei processi di umanizzazione che delineano la cività dell'amore". 

Ecco di seguito, La Dichiarazione Dei Governi sempre sul tema della donna:

1.  Noi, Governi partecipanti alla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne.

2.  Convinti di dover sostenere gli obiettivi di equità, sviluppo e pace per tutte le donne, in qualsiasi luogo e nell'interesse dell'umanità intera;

3.  Ascoltando la voce delle donne di tutto il mondo e riconoscendo la diversità loro e delle circostanze in cui vivono, rendendo omaggio a quante hanno aperto la strada davanti a noi e acceso le speranze dei nostri giovani;

4.  Riconosciamo che la condizione delle donne ha compiuto significativi progressi negli ultimi dieci anni, ma che tali progressi non sono stati uniformi e che le disuguaglianze tra donne e uomini persistono e gravi ostacoli permangono. Ciò comporta gravi conseguenze per il benessere di tutti gli esseri umani;

5.  Riconosciamo inoltre che la situazione è esacerbata dall'aumento della povertà che affligge un crescente numero di persone in tutto il mondo, in particolare donne e bambini, e che ciò ha radici in contesti nazionali e internazionali;

6.  Ci impegnamo senza riserve ad affrontare tali problemi al fine di sostenere il progresso delle donne e l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne di tutto il mondo, e concordiamo nel ritenere che ciò richiede misure urgenti in uno spirito di determinazione, speranza, cooperazione e solidarietà, in questo momento e per condurre il nostro lavoro nel prossimo decennio.    




giovedì 21 aprile 2011

"Tifoso ferito, agente della Digos indagato"

Questo che stiamo per presentare è un articolo di un quotidiano del giorno 31 Marzo 2009. Il fatto di cui si parla è accaduto proprio nello stadio della nostra città.

"Sono dovuti passare due anni e quattro mesi per riuscire ad avere tra le mani un briciolo di verità su quel maledetto 25 novembre 2006. Allo stadio Adriatico di Pescara Gianluca Chalgaf, allora 25enne, fu colpito da un oggetto alla testa durante gli scontri fra tifosi e polizia. Perse i sensi, andò in coma per poi risvegliarsi diverso, profondamente diverso. Per oltre 730 giorni il fascicolo aperto dal pubblico ministero Giuseppe Bellelli, in servizio alla Procura di Pescara, è rimasto contro ignoti. Adesso però c'è un nome iscritto nel registro degli indagati ed è quello di un agente della Digos di 30 anni. E' accusato di lesioni personali colpose e getto pericoloso di cose perchè secondo l'accusa, avrebbe esploso un lacrimogeno ad altezza d'uomo e a distanza ravvicinata provocando, SENZA VOLERLO, la rottura del cranio di Gianluca. La Procura ha individuato un presunto responsabile ma ha chiesto al Gip di Pescara, Maria Michela Di Fine, di archiviare il caso.  [...] 
E' il 25 novembre del 2006 quando la vita di Gianluca Chalgaf cambia per sempre. Amava il Napoli, lo ama ancora, ma nei suoi occhi pieni di nostalgia ci sono i segni di tutte le notti insonni. Partono in quattro in un'auto da Napoli diretti a Pescara. C'è una trasferta "tranquilla" e l'"onda azzurra" si mette in movimento. In duemila e cinquecento raggiungono l'Adriatico per assistere alla tredicesima giornata del campionato di serie B. Alcuni di loro sono però senza biglietto e tentano di forzare l'ingresso. Iniziano le prime cariche della polizia. Dei delinquenti, travestiti da tifosi, rispondono con il lancio di bombe carta e fumogeni. Qualche ora prima dell'inizio della partita già si contano decine di contusi. Gianluca e i suoi amici, tutti incensurati, bravi ragazzi, hanno comprato il biglietto quindici giorni prima e non ci impiegano tanto ad entrare nonostante la ressa. Alle 13 è già all'interno dello stadio con il gruppo di amici e si sta avviando velocemente sugli spalti. In quel momento è colpito da un oggetto e perde i sensi. Trasportato d'urgenza all'Ospedale Spirito Santo di Pescara viene operato e resta in coma  per 10 giorni. Ha una frattura infossata nell'osso temporale sinistro e una lesione alla tempia. Viene dimesso dal reparto di neurochirurgia il 7 dicembre 2006. Da lì inizia il calvario che non è ancora finito. L'1 dicembre 2006 il capoufficio indagini della Figc, Francesco Saveri Borrelli, chiede alla Procura di Pescara informazioni sugli scontri per infliggere sanzioni disciplinari alla società del Napoli e ai suoi tifosi. Solo a quel punto, dopo 7 giorni, la Procura decide di aprire un fascicolo. L'indagine viene poi affidata agli stessi agenti della Digos che quel giorno coordinarono l'ordine pubblico, presunti responsabili di quanto era accaduto al 25enne. Il 13 dicembre 2006, 19 giorni dopo, la famiglia Chalgaf nomina l'avvocato Luigi Bonetti. Il giorno dopo arriva alla Procura, via fax, un appello firmato dalla mamma di Gianluca nel quale si chiedeva al pm di indagare a 360 gradi e di non trascurare nessuna ipotesi, neanche che a sparare contro il giovane fosse stato un poliziotto. Si riteneva infatti che a ferire il 25enne fosse stata l'esplosione di una bomba carta lanciata dagli ultras inviperiti durante gli scontri, ma alcuni ragazzi giuravano di aver visto Gianluca cadere sotto il colpo di un bossolo di lacrimogeno. Il 19 febbraio 2007, 88 giorni dopo, Gianluca, che non può parlare, scrive una lettera al pm Bellelli, testimoniando ciò che aveva visto prima di essere colpito. Il 25 luglio 2007, 244 giorni dopo, arriva alla Procura una memoria dell'avvocato Bonetti con allegata la cartella clinica dell'Ospedale Spirito Santo di Pescara. Il primario del reparto di neurochirurgia, il dottor Luigi Lezzerini, scrive: "Gianluca è stato colpito alla regione temporale da un colpo contundente, duro, di forma cilindrica, a distanza ravvicinata e con una forte energia cinetica". Ma il dottore fa di più escludendo che a ferire il giovane sia stata una bomba carta, come all'inizio erroneamente si era ipotizzato: "Non ci sono segni di bruciatura, né del cuoio capelluto, né dei tessuti interni che l'alta temperatura di un petardo avrebbe dovuto provocare nell'esplosione". Cosa vuol dire? Lo scrive il pm nella prima richiesta di archiviazione: "Non ci sono prove contro nessuno pur nella convinzione che a colpire Chalgaf  sia stato un lacrimogeno esploso da uno degli agenti di polizia in servizio quel giorno". Si riparte quindi da una certezza: Gianluca è stato ferito da un bossolotto di lacrimogeno e non da una bomba carta. Nell'opposizione alla richesta di archiviazione l'avvocato chiede innanzitutto di delegare l'indagine non più alla Digos ma ai carabinieri. Il Gip ha accolto le richeste e il caso è stato riaperto. Si è scoperto nelle successive indagini lampo dei militari dell'Arma, durante meno di 60 giorni, che erano 5 i poliziotti della Digos che avevano i fucili lacrimogeni e che uno di loro ha dichiarato nel suo interrogatorio, di aver sparato in totale tre colpi: due all'esterno dello stadio e uno all'interno, in direzione dei supporter ma di non essere stato lui a ferire il giovane. Individuare gli agenti era dunque semplice dato che ogni poliziotto che ha in dotazione un fucile lacrimogeno ha un nome e un cognome. Per ogni bossolotto esploso poi, ogni poliziotto deve stilare un rapporto controfirmato dal funzionario coordinatore. Quel giorno ne furono esplosi 18, uno di loro ha colpito Gianluca e questo è un fatto. I nomi degli agenti presenti all'Adriatico di Pescara erano noti dunque dal 26 novembre 2006: solo 24 ore dopo da quel drammatico pomeriggio. E questo è un fatto". 

Abbiamo voluto riportare nel nostro blog questo articolo per far capire quello che succede intorno a noi, ma non per offendere il lavoro della Digos negli stadi, che è davvero importante e allo stesso tempo richiede una grandissima responsabilità. Lo abbiamo voluto riportare perchè vogliamo denunciare a gran voce quello che succede negli stadi di tutta Italia, perchè andare a vedere la partita della propria squadra del cuore non deve essere motivo di rissa, perchè chi va allo stadio non deve andare con l'intenzione di provocare danni a chi gli sta intorno, soprattutto se è della squadra avversaria.   

mercoledì 20 aprile 2011

I bambini - lavoratori...

E' facile incontrarli in Brasile, in Nepal, nelle Filippine. Ancora più facile in India e nel Bangladesh. Ma non è difficile neppure trovarli molto più vicino. A casa nostra. I bambini che lavorano in Italia sono oltre 400.000 e, a dispetto dei luoghi comuni, sono nascosti nel Sud più povero, ma anche nel Nord-Est più ricco. Potrebbero essercene nel capannone alla periferia della nostra città, nel retrobottega di un artigiano del centro, nella cucina del ristorante di prestigio, nello scantinato del palazzo di fronte. "Lavoro e lavori minorili" è il titolo della prima inchiesta condotta in un Paese industrializzato sul lavoro minorile (il 97% del campione ha tra gli 11 e i 14 anni), realizzata dalla Cgil. Ora sappiamo chi sono, dove sono e cosa fanno questi bambini- lavoratori. Aggiustano, controllano, assistono, lavano, puliscono. La maggior parte, si legge nella ricerca, non svolgono mansioni paricolari. Il 47% lavora nei negozi, nei bar, nei ristoranti. Il 15% nelle officine, ai distributori di benzina, nei parcheggi. Il 17% fa l'ambulante o cuce vestiti o tomaie in famiglia, il 12% fa il garzone da un calzolaio o da un parrucchiere, il 10% è muratore, idraulico, elettricista, operaio. Quattro su dieci guadagnano meno di 100 € al mese. Soltanto il 4% va sopra i 500 €, i "baby-ricchi". "Nel Sud i bambini lavorano nelle imprese che cercano manodopera a bassissimo costo, nel Nord aiutano il padre nella micro-impresa di famiglia", dice un esponente della Cgil. La sorpresa è che sono di più al Nord: "E' un fenomeno della modernità, non dell'arretratezza", aggiunge con una formula efficace. Molti hanno abbandonato la scuola, ma molti altri sono studenti-lavoratori in pantaloni corti. E' un salto indietro di 250 anni. Non è il 2000, ma l'era della Prima Rivoluzione Industriale in Inghilterra. Da un lato la new economy (ossia l'insieme delle attività economiche, finanziarie e imprenditoriali legate all'uso di Internet), dall'altro la miniera. Non due paesi separati, ma gente che lavora pressoché gomito a gomito. Oltre la metà dei piccoli lavoratori fa più di otto ore al giorno. Uno su quattro non ha neppure la pausa pranzo, uno su tre stacca solo per meno di mezz'ora. Diritti zero. Le vacanze? Scordatevele! Il 46% dei bambini interpellati non ha le "ferie", e comunque non pagate. Se non c'è miseria materiale, c'è miseria culturale. Dice il presidente dell'Ires (Istituto di ricerche economiche e sociali)-Cgil: "Non si capisce come mai il Parlamento non abbia ancora approvato la legge che impone a tutti i prodotti il marchio sociale dei diritti per certificare che non si è fatto ricorso al lavoro minorile". 



domenica 17 aprile 2011

Quando ad emigrare erano gli italiani...


Nel 1975, primo anno in cui gli ingressi di stranieri nel nostro Paese hanno superato le uscite di cittadini italiani, si è chiuso un ciclo ultrasecolare, durante il quale l'Italia ha inviato all'estero più di 26 milioni di persone, cifra pari a quella della popolazione italiana alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1861. Tali dimensioni rendono evidente la centralità del fenomeno dell'emigrazione della sociatà italiana. I movimenti migratori hanno una storia molto antica - legata alle attività agricole e artigianali, alle guerre, alle persecuzioni politiche e religiose - che inizia ben prima dell'Unità d'Italia. Tuttavia, è tra quella data e la Prima Guerra Mondiale che si verifica la prima vera emigrazione di massa, diretta soprattutto verso le Americhe. Intere classi sociali italiane, appartenenti al mondo contadino o al sottoproletario urbano, entrano così a far parte di quei 55 milioni di europei che hanno varcato l'Atlantico nell'Ottocento. Le cause di questa grande emigrazione sono da ricercare in una serie di elementi economico-politici che caratterizzano l'Italia postunitaria, determinando sacche di estrema povertà. Essi sono, in sintesi: la crisi dell'agricoltura, con la conseguente eccedenza di manodopera e il progressivo impoverimento delle popolazioni rurali (sia della montagna, sia del Mezzogiorno); il carico fiscale causato dalle nuove tasse introdotte dal Governo italiano e la piaga dell'usura che affligge il mondo contadino; la graduale scomparsa, soprattutto nel Settentrione, dell'artigianato tradizionale e della manifattura domestica contadina, progressivamente soppiantati dalla produzione industriale. Il vasto flusso migratorio degli italiani verso le Americhe avveniva spesso in condizioni drammatiche fin dal momento del viaggio in nave, effettuato in terza classe e quindi in situazioni di pura sopravvivenza. A questo si aggiungevano, poi, le difficoltà derivanti dalla necessità di inserirsi in società molto diverse da quella di origine per lingua, costumi, tradizioni e cultura, dalla condizione di analfabetismo che quasi sempre li destinava a fare lavori umili, dalle condizioni di sfruttamento con scarsa tutela legislativa e sindacale. La presenza numerosa delle donne all'interno della comunità di immigrati favoriva, tuttavia, l'insediamento e il radicamento di intere famiglie nei Paesi di accoglienza, attraverso un processo comunque lungo, faticoso, spesso doloroso, a volte umiliante: soltanto i figli, e in molti casi i nipoti, avrebbero infine raggiunto la piena integrazione nella nuova società. L'emigrazione è continuata anche nel Novecento: in totale oltre 20 milioni di uomini e 7 di donne hanno lasciato l'Italia e il numero dei loro discendenti - i nostri connazionali all'estero - si aggira attualmente intorno ai 60 milioni. Nonostante si sia tentato di dipingere con toni enfatici e celebrativi questo esodo verso altri Paesi, esaltando le qualità di cittadini e di lavoratori degli italiani all'estero, rimane la realtà storica del giudizio dei Paesi d'accoglienza nei confronti degli immigrati italiani - rozzi e analfabeti, violenti e litigiosi, sfaccendati e imbroglioni, mafiosi e sfruttatori delle donne - per cui, spesso, "italiano" era sinonimo di "miserabile". Negli Stati Uniti i nostri connazionali erano considerati degli "stranieri straccioni" e guardati con sospetto come mafiosi o pericolosi anarchici: nel 1890 undici italiani, accusati di aver ucciso il capo della polizia di New Orleans, furono assolti dal tribunale ma vennero linciati dalla popolazione inferocita; alcuni anni dopo, i due anarchici Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono condannati a morte per un delitto, anche se della loro consapevolezza non c'erano prove certe. Gli italiani erano soggetti a violenze fisiche di massa in tutti i continenti, vittime di accessi di xenofobia collettiva: chiamati "l'orda oliva", erano considerati una "tribù di schiavi stupidi", con le facce da assassini, praticanti una religione "pagana" come il cattolicesimo, dediti all'alcol e sporchi come "maiali", ladri e dinamitardi. Si tratta di stereotipi che incontriamo anche nella letteratura e nel cinema Hollywoodiano dell'epoca, che dipingono spesso un ritartto degli italiani a metà tra il delinquentello di quartiere e il gangster vero e proprio. Certo la mafia era una dolorosa realtà americana, ma di essa non facevano parte solo gli italiani: c'erano anche gli irlandesi, gli ebrei russi, i cinesi. Nei ghetti delle metropoli americane la violenza si respira nell'aria accanto alla miseria, al degrado ambientale, all'ignoranza e all'emarginazione. Ci sono voluti il sacrificio, l'impegno, la serietà di intere generazioni di italiani per abbattere pregiudizi e odi razziali, per conquistare posti di rilievo nei settori dell'economia e della politica, del cinema e della musica, della ricerca e degli studi universitari, prima che i nostri connazionali all'estero non fossero più considerati una "orda di barbari puzzolenti".  
   

sabato 16 aprile 2011

Liberare l'infanzia

Di fronte alla violazione dei diritti dei bambini è inutile fare del pietismo, è utile invece scandalizzarsi, manifestare un "santo sdegno". E perchè nasca questo sdegno, è necessario conoscere e far conoscere. Solo così in tanti potranno allearsi, a fianco di bambini e ragazzi: costruire dei gruppi di pressione su chi detiene il potere. Bisogna denunciare la violenza contro l'infanzia e cercare di comprendere perchè si è creata. Crediamo che sia importante mettere in evidenza quella teoria che identifica l'infanzia come un gruppo minoritario senza potere all'interno della società, di qualsiasi società. Si tratta di un gruppo minoritario nel senso che non pone da sé le proprie regole, non partecipa alla formazione delle regole generali, subisce le decisioni del gruppo dominante. In questo caso della società degli adulti. La giustificazione è sempre la formula del the best interest of the children (nell'interesse dei bambini): da soli i bambini non ce la fanno ed è dunque nel loro interesse che non partecipino alle decisioni e che si lascino proteggere. E' un fatto che da soli i bambini non possono farcela a vedere riconosciuto il loro diritto essenziale a che gli interessi dell'infanzia vengano tenuti nella dovuta considerazione. Devono essere gli altri, gli adulti, che a loro si alleino. E' compito degli adulti che i bambini facciano tirocinio di libertà per essere pronti ad inserirsi nella società civile e politica come cittadini liberi e coscienti. L'infanzia non riuscirà a liberarsi da sola e l'invito è che gli adulti prendano l'iniziativa: ciascun adulto deve pensare anche ai figli e ai fratelli minori degli altri. Di regola gli interessi dei piccoli dovrebbero essere rappresentati dai loro genitori. Ma l'infanzia più affamata, più maltrattata, più sfruttata e abbandonata ha spesso genitori altrettanto affamati, maltrattati, sfruttati. La situazione dei giovanissimi è strattamente legata a quella generale della società dove vivono. Si può e si deve agire per migliorare la situazione dei più piccoli in specie, ma occorre rendersi conto che non molto si potrà fare se non mutando la situazione più generale. E' più facile che il mondo cambi se le generazioni future avranno vissuto un'infanzia e un'adolescenza che li abbia portati in condizioni migliori all'età adulta. Giovani meglio nutriti, più sani e che abbiano frequentato le scuole sono in grado, più dei loro genitori poveri e illetterati, di contribuire a cambiare le cose nel loro Paese.

domenica 10 aprile 2011

La vita di un uomo contro la mafia

Il giorno 8 aprile, nell'aula magna della nostra scuola, sono intervenuti personaggi importanti sul tema della mafia in Italia e in Abruzzo. Gianni Palagonia (pseudonimo) è un poliziotto che lotta contro la mafia e ha parlato nascosto dietro un paravento agli studenti del nostro liceo. Così afferma: "Uscirei anche da qui per farmi vedere e dire a quei quaquaraquà dei mafiosi che non li temo. Ma devo tutelare i miei figli, la mia famiglia. La cosa che mi pesa di più è questa: dal '92 vivo nascosto come un bandito, io che vandito non lo sono, e da 5 anni posso andare in giro solo protetto da questonparavento". Ha parlato del suo libro "Nelle mani di nessuno" dove è riportata la sua storia e la sua dolorosa carriera. Poi ha parlato sulla mafia in generale cogliendo l'attenzione dei presenti: "Essere mafioso è un atteggiamento mentale. E attenti, mafioso è anche chi vende case con il cemento impoverito facendo morire le persone. La mafia si è inabissata, ha abbandonato da tempo la coppola storta per indossare giacca e cravatta. Ha smesso di sparare". Il procuratore Trifuoggi, un altro ospite, aggiunge: "Non esistono più isole felici, le mafie vanno dove c’è il business, i soldi. E all’Aquila, almeno sulla carta, girano parecchi miliardi dopo il terremoto e l’organizzazione del G8; in Abruzzo dobbiamo stare attentissimi a questi signori che si presentano in abiti eleganti, usano benissimo il pc e, soprattutto, trovano sempre qualcuno pronto ad accoglierli". Infine il questore Passamonti ricorda i suoi trascorsi in una terra dura come la Calabria: "So cos’è un ambiente mafioso, l’aria che si respira, ed è importante che i giovani sappiano cosa li circonda». Gli ultimi applausi dei ragazzi sono per Palagonia, lui li ferma così: «Non fateli a me, ma a quelli che sono morti per servire lo Stato».



giovedì 7 aprile 2011

Il mondo unito contro tutti i suoi nemici...

 
L'attacco aereo contro gli Stati Uniti dell'11 Settembre 2001 ha colpito il mondo intero, che si è sentito sconvolto, impaurito, offeso, ma, ancor più, profondamente solidale con le vittime. Nelle "Torri Gemelle" del Word Trade Center di New York lavoravano, infatti, persone di nazionalità e fedi diverse. E' stato un attacco a tutta l'umanità e tutta l'umanità deve reagire per sconfiggere il terrorismo che la minaccia. L'unico organismo idoneo a guidare la lotta contro il terrorismo internazionale è l'ONU, che ha la legittimità, le istituzioni e la capacità di adottare le misure necessarie per sradicare questa piaga. Esistono, dunque, nemici comuni per tutto il genere umano, e devono essere sconfitti, ma sarebbe sbagliato identificarli in base a una nazionalità, una cultura o una fede religiosa. Molti sono già gli strumenti legali disponibili contro la violenza terroristica, ma questa battaglia contro l'odio e il fanatismo si combatte anche sconfiggendo l'ignoranza, la povertà, la malattia, impegnandosi cioè a creare una comunità mondiale più giusta e generosa.
L'economista africano Kofi Annan (Kumasi, Ghana, 1938), ha operato a lungo come funzionario delle Nazioni Unite e nel 1997 ne è stato eletto Segretario Generale. Il suo impegno si è indirizzato verso il rilancio dell'organizzazione e della sua immagine presso l'opinione pubblica, attraverso un rafforzamento delle attività per lo sviluppo e il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, per la promozione dei diritti umani e dei valori universali di eguaglianza, tolleranza e dignità dell'uomo, per la lotta contro l'Aids e il sostegno ai Paesi del Sud del mondo. Nel 2001, come rappresentante delle Nazioni Unite, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.
   Annan, il 22 Settembre 2001, parlò dell'attacco terroristico alle Torri Gemelle, dicendo: " I terroristi che hanno attaccato gli Stati Uniti l'11 Settembre hanno mirato a una nazione, ma hanno colpito il mondo intero. Raramente, forse mai, il mondo è stato così unito come quel terribile giorno. Si trattava di un'alleanza nata dall'orrore, dalla paura, dall'oltraggio, e da una profonda solidarietà con il popolo americano. Questa alleanza mondiale era anche il riflesso del fatto che il World Trade Center, in questa città così unicamente internazionale, era residenza di uomini e donne di ogni fede, provenienti da più di 60 Paesi. Si è trattato di un attacco contro tutta l'umanità, e tutto il genere umano deve avere interesse a sconfiggere le forze che lo hanno scagliato. Le Nazioni Unite devono avere il coraggio di ammettere che così come ci sono scopi comuni, ci sono nemici comuni. Per sconfiggerli, tutte le nazioni devono unire le loro forze, in uno sforzo che coinvolga tutti gli aspetti del sistema aperto, libero e globale così diabolicamente utilizzato dai responsabili delle atrocità della scorsa settimana. Le Nazioni Unite godono di una posizione unica per mettere in atto questo sforzo. Esse dispongono della sede più idonea a costruire un'alleanza universale, e possono assicurare una legittimità globale alla risposta a lungo termine contro il terrorismo. Le assemblee delle Nazioni Unite già dispongono dell'organizzazione legale necessaria a realizzare molte delle misure che devono essere messe in atto per sradicare il terrorismo, comprese l'estradizione, la persecuzione a giudizio dei colpevoli e la repressione del riciclaggio di denaro sporco. E' essenziale che la risposta globale al terrorismo non spezzi l'unità nata l'11 Settembre. Il mondo deve comprendere che ci sono nemici comuni a tutte le società, ma deve al tempo stesso comprendere anche che i nemici non sono definibili tali in base alla loro appartenenza a una religione o per la loro provenienza. Nessun popolo, nessuna religione, nessun Paese deve essere considerato un bersaglio per le indescrivibili azioni di alcuni individui. Il terrorismo minaccia tutte le società. Mentre il mondo si prepara ad agire contro di esso, a tutti noi è stata ricordata la necessità di capovolgere le situazioni che consentono la crescità di un simile odio e di simili azioni malvagie. Dobbiamo affrontare la violenza, il fanatismo e l'odio con una risolutezza ancora maggiore. Il lavoro delle Nazioni Unite deve continuare, e nello stesso tempo dobbiamo impegnarci a favore delle tragiche conseguenze dei conflitti, dell'ignoranza, della povertà, della malattia. Farlo non rimuoverà ogni fonte di odio, non servirà di prevenzione ad altri atti di violenza. Ci saranno sempre coloro che odiano e uccidono, anche se si fosse messa la parola fine ad ogni ingiustizia sulla terra. Ma se il mondo sarà in grado di provare che intende proseguire, che persevererà nella creazione di una comunità internazionale più giusta, più generosa, più genuina attraverso tutte le frontiere religiose e razziali, allora il terrorismo sarà sconfitto."

giovedì 31 marzo 2011

Il Bullismo...

Il Bullismo è un fenomeno sempre più diffuso nelle scuole elementari e medie. Il termine bullismo è la traduzione italiana dall'inglese "bullyng" ed è utilizzato per designare i comportamenti con i quali un singolo o un gruppo, ripetutamente, fa o dice cose per avere potere o dominare una persona o un altro gruppo. Il termine "bullyng" include sia i comportamenti del "persecutore" sia quelli della "vittima" ponendo al centro dell'attenzione la relazione nel suo insieme. Il bullo prova piacere nel disturbare, insultare, picchiare o danneggiare nelle cose la "vittima" e continua anche quando è evidente che la vittima sta molto male ed è angosciata. Gli aspetti fondamentali del bullismo sono:
- intensità e durata: il bullismo è diverso dai dispetti, dalle zuffe o dalle risse che normalmente avvengono nel cortile della scuola, continua per un lungo periodo di tempo e la quantità di prepotenze fa diminuire la stima di sè da parte della vittima;
- potere del "bullo": il bullo ha maggior potere della vittima a causa dell'età, della forza, della grandezza o del genere (ad esempio maschio più forte della femmina). Il bullo a volte riesce ad esercitare il suo potere non solo perchè è più grande o più forte, ma perchè spesso altri ragazzi si alleano con lui per proteggere se stessi;
- vulnerabilità della vittima: la vittima è più sensibile degli altri coetanei alle prese in giro, non sa o non può difendersi adeguatamente e non sempre ha delle caratteristiche fisiche o psicologiche che la rendano più incline alla vittimazione.
L'asimmetria delle forze rende sempre più probabile il ripetersi dell'aggressione e rende sempre meno pari i coetanei: ovvero il bullo diventa sempre più potente rispetto alla vittima. La ricerca mostra che i ragazzi subiscono atti di bullismo più spesso da parte di un singolo individuo, mentre le ragazze da parte di gruppi di individui. Non c'è alcuna differenza nel numero dei ragazzi e delle ragazze soggetti ad atti di bullismo. I bambini generalmente sono soggetti ad atti di bullismo nei primi anni della scuola primaria e nei primi anni della scuola secondaria;
- mancanza di sostegno: la vittima si sente isolata ed esposta, spesso ha molta paura di riferire gli episodi perchè teme rappresaglie o vendette. La grandezza della scuola, se è una scuola pubblica o privata, maschile o femminile oppure mista, non incide in modo significativo sulla frequenza degli atti di bullismo;
- conseguenze: il danno per l'autostima della vittima si mantiene nel tempo e induce la persona ad un considerevole disinvestimento nella scuola e, talvolta, alcune vittime diventano a loro volta aggressori.

martedì 29 marzo 2011

23 Maggio - La Nave della Legalità

Nell’ambito del percorso di educazione alla legalità, promosso in tutte le scuole per condurre i giovani al rispetto dei valori in cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno fortemente creduto, ogni anno viene bandito il concorso “La Nave della Legalità”, che, mediante il confronto tra gli studenti, esorta costoro a un’approfondita riflessione e sensibilizzazione dei propri coetanei sui temi della legalità e della lotta alle mafie, attraverso processi creativi e produttivi. Il numero di studenti partecipanti all’iniziativa è costantemente cresciuto, a riprova della sempre maggiore crescita degli allievi, che partecipano sempre più coralmente all’accaduto. Momento conclusivo del percorso sono i giorni 22 e 23 maggio, giornate durante le quali gli studenti che hanno partecipato al concorso salpano sulle “Navi della Legalità”, a bordo delle quali incontrano i rappresentanti di Istituzioni ed Enti di vitale importanza nel processo di lotta alle mafie e partecipano a numerosi eventi. Le due navi sono dirette a Palermo, dove allievi e insegnanti vengono accolti dagli studenti siciliani in Aula Bunker e nelle piazze della città – dove sono allestiti i “Villaggi della legalità” - per celebrare l’anniversario della Strage di Capaci.  Il pomeriggio del 23 maggio due cortei delle scuole partecipanti sfilano lungo le strade del capoluogo siciliano per testimoniare l’unione di tutti gli studenti italiani nel ricordo dei due personaggi divenuti l’emblema della lotta alla mafia.

lunedì 28 marzo 2011

Criminalità e Legalità

L'intervista che leggerete è stata fatta dagli studenti del Liceo Classico "G. Vico" di Napoli al professor Francesco Barbagallo, docente di Storia Contemporanea all'Università di Napoli "Federico II". Egli esprime la propria opinione sul tema: "Legalità, criminalità e Mezzogiorno".

Studentessa: Per quanto riguarda Stato e "anti-Stato", quindi l'inserimento della criminalità organizzata all'interno dello Stato, non sarebbe più giusto parlarne a livello nazionale, anzichè solo del Mezzogiorno?

Barbagallo: Il problema è più grave nel Mezzogiorno, perchè ci sono aree dove ci sono stati uno scarso sviluppo economico, una scarsa organizzazione sociale e una larga disoccupazione. Queste sono le aree dove è dimostrato che la criminalità attecchisce più facilmente, perchè, di fronte alla scarsezza di possibilità di lavoro e a una massa consistente di abitanti, cresce la possibilità di delinquere. Purtroppo questa è una costante antica del Mezzogiorno, in particolare nell'area siciliana con la mafia (Cosa Nostra), nell'area campana con la camorra e nell'area calabrese con la 'ndràngheta. Naturalmente la criminalità c'è anche nelle altre regioni d'Italia. purtroppo è attecchita di più nelle parti meno sviluppate, anche se oggi la criminalità è molto evoluta sul piano della modernizzazione e quindi ha capacità di relazioni internazionali.

Studentessa: Penso che la criminalità e la cosiddetta "zona grigia" nel Mezzogiorno siano incrementate in parte anche dagli abitanti del Nord, per esempio quando comprano qui sigarette di contrabbando.

Barbagallo: Gli intrecci tra Nord e Sud sono intrecci strettissimi, dal momento dell'unificazione nazionale in avanti. Quindi non c'è una questione meridionale separata dai problemi del resto del Paese. Sul piano dei comportamenti criminali, purtroppo, c'è da dire che questi sono diffusi in tutta Italia. Abbiamo avuto esempi molto gravi negli anni Ottanta, gli anni della ricostruzione dopo il terremoto, quando furono per prime le ditte che venivano dal Nord, imprese che venivano addirittura dai confini, a stringere rapporti con le organizzazioni camorristiche: in questo caso furono imprese settentrionali che cominciarono a lavorare con la camorra.

Studentessa: Secondo Lei, in che modo e in che misura la fragilità culturale ha determinato lo sviluppo e il rfforzamento delle organizzazioni criminali?

Barbagallo: Questo è un punto fondamentale. La criminalità si fonda sul bisogno e sulla scarsa acculturazione. E quindi è chiaro che, per combattere questo fenomeno alla radice, a parte la repressione che è il momento finale, bisogna partire dalla base, cioè dalla famiglia e dalla scuola. Quindi diffondere l'istruzione, diffondere modelli di comportamento non criminali, dare prospettive di lavoro. Tutto questo si costruisce nel corso dei decenni e dei secoli. Bisogna partire da questo. Purtroppo noi siamo ancora in ritardo su tutti questi punti: lavoro, acculturazione,modelli di comportamento legali.

Studentessa: Se la criminalità organizzata è stata ben inserita nello Stato o comunque è connivente con esso, qual'è stata la merce di scambio offerta allo Stato per ottenere un tale risultato?

Barbagallo: Lo Stato, nella nostra vicenda nazionale, da una parte ha combattuto le organizzazioni criminali, dall'altra, come impresa, ci si è alleato e ha fatto anche affari. Quindi il rafforzamento delle organizzazioni criminali, negli ultimi decenni,è dipeso anche dal fatto che da una parte lo Stato ha combattuto la criminalità e da un'altra parte o l'ha tollerata o addirittura vi ha collaborato.

Studentessa: Si è parlato ripetutamente, anche in questa sede, del bisogno di educare la popolazione meridionale alla legalità, proprio per sconfiggere fenomeni che partono dal basso, come per esempio il contrabbando. Ma io mi chiedo: molta gente vive di attività illecite e non avrebbe, altrimenti, altre possibilità di sostentamento. Come si può debellare questa mentalità se lo Stato non crea un'alternativa?

Barbagallo: Questo è un problema drammatico. La soluzione è difficile e l'impegno deve essere costante, bisogna fare sforzi immani per cercare soluzioni, a partire appunto dalle iniziative economiche, che riescano a produrre lavoro, a diffondere la legalità anche tra coloro che non hanno questa situazione di partenza, cioè non si trovano in queste condizioni. Perchè purtroppo l'illegalità da tempo sta facendo proseliti dovunque, anche tra coloro che dovrebbero rappresentare l'élite della società, i cui comportamenti sono ancora più censurabili dei criminali, perchè si comportano peggio dei criminali, avendo invece dei ruoli che dovrebero essere di direzione, sia dello Stato che della cosiddetta sociatà civile.

Studentessa: Quale potrebbe essere il progetto per limiare l'abbandono scolastico, che poi incrementa la microcriminalità e il lavoro nero minorile?

Barbagallo: Questo è un altro problema drammatico che nella nostra città è particolarmente vivo. Su questo sono impegnati gli insegnanti, ai quali bisogna riconoscere uno spirito di sacrificio notevolissimo, perchè ci sono situazioni oggettivamente disperate. I bambini che vivono in contesti criminali è estremamente difficile scostarli da questo tipo di comportamenti, di atteggiamenti, di valori. Occorre un tipo di intervento su diversi livelli: modificare i modi di pensare è la cosa più difficile, bisogna costruire dei valori positivi e sradicare valori e modelli di comportamenti negativi. Bambini che si trovano in condizioni di disagio totale dovrebbero essere innanzi tutto tolti dal disagio. Il punto, però, è assumere un atteggiamento chiaro e deciso, non venire mai a patti co la criminalità, con l'illegalità. Purtroppo questo forte senso della legalità non esiste nella misura in cui dovrebbe esistere.

domenica 27 marzo 2011

Vivi la vita...

La vita è un'opportunità, coglila.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne una realtà.
La vita è una sfida, accettala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è una ricchezza, conservala.
La vita è amore, godine.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La vita è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, accettala.
La vita è un'avventura, rischiala.
La vita è felicità, meritala.
LA VITA E' LA VITA, DIFENDILA.

( Madre Teresa di Calcutta )

 

giovedì 24 marzo 2011

"Pensa" - Fabrizio Moro

Ci sono stati uomini che hanno scritto pagine
Appunti di una vita dal valore inestimabile
Insostituibili perchè hanno denunciato
Il più corrotto dei sistemi troppo spesso ignorato
Uomini o angeli mandati sulla terra per combattere una guerra
Di faide e di famiglie sparse come tante biglie
Su un'isola di sangue che fra tante meraviglie
Fra limoni e fra conchiglie... massacra figli e figlie
Di una generazione costretta non guardare
A parlare a bassa voce a spegnere la luce
A commentare in pace ogni pallottola nell'aria
Ogni cadavere in un fosso
Ci sono stati uomini che passo dopo passo
Hanno lasciato un segno con coraggio e con impegno
Con dedizione contro un'istituzione organizzata
Cosa nostra... cosa vostra... cos'è vostro?
E' nostra... la libertà di dire
Che gli occhi sono fatti per guardare
La bocca per parlare le orecchie ascoltano...
Non solo musica non solo musica
La testa si gira e aggiusta la mira ragiona
A volte condanna a volte perdona
Semplicemente
Pensa prima di sparare
Pensa prima di dire e di giudicare prova a pensare
Pensa che puoi decidere tu
Resta un attimo soltanto un attimo di più
Con la testa fra le mani
Ci sono stati uomini che sono morti giovani
Ma consapevoli che le loro idee
Sarebbero rimaste nei secoli come parole iperbole
Intatte e reali come piccoli miracoli
Idee di uguaglianza idee di educazione
Contro ogni uomo che eserciti oppressione
Contro ogni suo simile contro chi è più debole
Contro chi sotterra la coscienza nel cemento
Pensa prima di sparare
Pensa prima di dire e di giudicare prova a pensare
Pensa che puoi decidere tu
Resta un attimo soltanto un attimo di più
Con la testa fra le mani
Ci sono stati uomini che hanno continuato
Nonostante intorno fosse tutto bruciato
Perchè in fondo questa vita non ha significato
Se hai paura di una bomba o di un fucile puntato
Gli uomini passano e passa una canzone
Ma nessuno potrà fermare mai la convinzione
Che la giustizia no... non è solo un'illusione
Pensa prima di sparare
Pensa prima di dire e di giudicare prova a pensare
Pensa che puoi decidere tu
Resta un attimo soltanto un attimo di più
Con la testa fra le mani
Pensa


La canzone di Fabrizio Moro “Pensa” tratta di una tematica importantissima, che è sempre esistita e continuerà ad esistere:la mafia. Significativo è l’inizio “appunti di una vita”,hanno scritto sul libro della storia del genere umano, sono stracci di vita vissuta. Fabrizio ha scritto questa canzone dopo aver visto il film della vita di Falcone e Borsellino. L’aggettivo “ignorato” vuol sottolineare il fatto che questa problematica molto spesso trascurata e evitata soprattutto da chi dovrebbe occuparsene cioè lo Stato. Lo stato non è convinto a combattere e quindi si è creata una sorta di convivenza. Definisce appunto “guerra” quella che lo stato dovrebbe cercare di vincere contro la mafia. Definisce colore che hanno almeno tentato di lottare dei grandi e quasi come una sorta di domanda si chiede se siano angeli o uomini. Sono angeli perché hanno dimostrato di non aver paura ma uomini perché hanno fatto solo il loro dovere cosa che tutti dovrebbero fare e non lo fanno. Allude con le parole “fra limoni e fra conchiglie” alle bellezze della nostra isola, terra e mare. Dalle parole successive si può ben capire che si riferisce all’omertà che la mafia impone. Con le parole “figli e figlie” ci da l’idea di un’isola matrigna che uccide i propri figli e ciò fa da collegamento con le attuali vicende di cronaca. I puntini di sospensione usati diverse volte fanno da elementi di passaggio tra le bellezze e la crudeltà. Utilizza numerosi sensi, quasi a fare una sinestesia. Forti sono le parole “E’ nostra la libertà di dire”; questo è il messaggio principale. Segue un avverbio”semplicemente” che attribuisce superficialità, sembra quasi addolcire un po’ il testo. Sono presenti numerose anafore: ”pensa” ripetuto molte volte e numerose frasi ritornano più volte. Utilizza inoltre numerose volte “con la testa fra le mani” frase che tende a sostituire il verbo principale della canzone (pensa). I due aggettivi “intatte e reali” evidenziano il grande contributo che ci viene dato dalle parole dei grandi che non svaniranno mai. In questo paese tutto è legato a un evento o a una raccomandazione, poche volte le persone riescono a fare quello che vogliono nella vita, e che la libertà invece dovrebbe essere legittima per ognuno di noi. Ci sono stati altri uomini che hanno sacrificato le loro vite nella lotta contro le ingiustizie uomini o angeli mandati sulla terra per combattere una guerra in nome della speranza e della libertà, è una canzone che parla di coraggio, ma soprattutto di amore per il prossimo

lunedì 21 marzo 2011

XVI Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie

Il 21 Marzo 2011 alle ore 17.00 alla Bottega dei Sapori e dei Saperi della Legalità di P.zza Castelnuovo 13 a Palermo, e in contemporanea in tante piazze d'Italia, Libera organizza una lettura dei nomi e dei cognomi dei caduti per mano mafiosa.Hanno già dato la loro adesione diverse associazioni, realtà antimafia e cittadini che si stringeranno al dolore dei tanti familiari di "Libera Memoria".Una nuova occasione, all'interno delle celebrazioni della "XVI Giornata Nazionale della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie" in programma sabato 19 Marzo a Potenza per ricordare che le vittime innocenti delle mafie sono tante, morti perché, con coerenza, hanno cercato di svolgere il loro dovere. Insieme per non dimenticare che mantenere viva la Memoria è una questione di rispetto, di impegno e di responsabilità.
Anche gli studenti del Presidio Scuole Libera Palermo celebreranno la XVI Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie presso le proprie scuole. Lunedì 21 marzo dalle ore 9.00 sono state programmate le seguenti attività: visione di film, dibattiti e incontri con parenti delle vittime e rappresentanti delle istituzioni. La mattinata si chiuderà con la lettura dell'elenco delle vittime di mafia.

Potenza al fianco delle vittime innocenti, contro le mafie e la corruzione
Sono stati circa 80 mila i partecipanti alla 16/a Giornata delle memoria in ricordo delle vittime delle mafie, che si è svolta a Potenza. Il corteo è stato aperto da Filomena Iemma e Gildo Claps - la madre e il fratello di Elisa, la studentessa potentina di 16 anni scomparsa il 12 settembre 1993, il cui cadavere e' stato trovato il 17 marzo 2010 nel sottotetto di una chiesa.
21 marzo 2011 - Lettura dei nomi delle vittime innocenti delle mafie
Il 21 marzo, primo giorno di primavera, da sedici anni Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo di tutte le vittime delle mafie, promossa da Libera e Avviso Pubblico. In centinaia di piazze, scuole, consigli comunali, sedi di associazione domani si riuniranno migliaia di persone per leggere l'elenco delle oltre 900 nomi di vittime delle mafie.
Per il bene comune i corrotti restituiscano ciò che hanno rubato
La corruzione minaccia il prestigio e la credibilità delle istituzioni, inquina e distorce gravemente l'economia, sottrae risorse destinate al bene della comunità, corrode il senso civico e la stessa cultura democratica.
(http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1)

"Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie" è nata il 25 marzo 1995 con l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La legge sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera. Libera è riconosciuta come associazione di promozione sociale dal Ministero della Solidarietà Sociale. Nel 2008 è stata inserita dall'Eurispes tra le eccellenze italiane.

Cos'è il 21 marzo?
Dal 1995 ogni 21 marzo si celebra la Giornata della Memoria e dell'Impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie. Il 21 marzo, primo giorno di primavera, è il simbolo della speranza che si rinnova ed è anche occasione di incontro con i familiari delle vittime che in Libera hanno trovato la forza di risorgere dal loro dramma, elaborando il lutto per una ricerca di giustizia vera e profonda, trasformando il dolore in uno strumento concreto, non violento, di impegno e di azione di pace.


venerdì 18 marzo 2011

Fondazione AGBE a Pescara

Il 16 marzo la nostra classe ha incontrato le collaboratrici dell'Associazione Genitori Bambini Emopatici fondata nel 2000 per migliorare il reparto di ematologia di Pescara. Ci hanno spiegato quale sono state le tappe dell'associazione e la realizzazione dei sogni per promuovere i diritti dei bambini in ospedale.
L'AGBE nasce dalla volontà di alcuni genitori per migliorare il reparto: sia adulti che bambini operati condividevano le stesse stanze creando confusione. Con la separazione del reparto si è potuto creare un clima diverso nel quale i bambini potevano divertirsi tranquillamente. L'AGBE crede fortemente che tutti i bambini siano portatori di diritti e che vadano trattati con dignità. Offre un'assistenza socio-sanitaria (minori con malattia) per :
-allievare le problematiche,
-abbattere le ingiustizie,
-sostenere i diritti,
-salvaguardare e tutelare la dignità.
I traguardi sono:
-struttura di oncoematologia pediatrica "Trenta Ore per la vita" un reparto a misura di bambino;-Casa Alloggio per le famiglie provenienti da fuori Pescara (18 giugno 2009).
Ha contribuito ad altri progetti: Albania (2006), Maldive (2008), Clown (2006-2010), servizio psicologico (2005-2011).

L'incontro è stato richiesto dalla nostra professoressa Annapaola Giansante per farci conoscere sia le associazioni volontarie della nostra città e sia per comunicare quanto sia importante valorizzare i diritti dei bambini partendo dal volontariato: potremmo sciegliere noi stessi di farne parte in futuro. In questo modo siamo venuti a conoscenza di altri diritti che sono stati scritti ampliando l'originaria Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo: pensiamo che sia importante perchè è l'unico punto di riferimento (oltre alla Costituzione) a garantire le varie libertà del cittadino che spesso sono dimenticate.

(sito associazione: http://www.agbe.it/





giovedì 17 marzo 2011

Fondazione ABIO in Italia

Nel 2008 Fondazione ABIO Italia, in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria, redige la Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale. Il documento riprende la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 1989 e si ispira alla Carta di EACH del 1988, ma le adatta all’attuale situazione italiana anche in base alla ormai trentennale esperienza di volontariato ABIO.
Leggi la Carta dei Diritti
 Obiettivo
Il momento del ricovero per il bambino è molto delicato: l’ambiente sconosciuto, la perdita dei quotidiani punti di riferimento, la preoccupazione per la propria salute, influiscono sull’equilibrio del bambino e dei suoi genitori. La Carta evidenzia l'importanza di passare dal curare le malattie al prendersi cura dei bambini e degli adolescenti malati: per questo sono importanti un ambiente il più possibile a misura di bambino, l'opportunità di garantire il gioco anche durante il ricovero, la necessità della presenza dei genitori, il diritto alle cure migliori e al ricovero all'interno di reparti pediatrici.
Diffusione
Il documento è stato diffuso a partire dal 2008 presso gli ospedali che hanno aderito all’iniziativa e distribuito dai volontari ABIO nei reparti e in tutte le occasioni di comunicazione. Fondazione ABIO Italia ha inoltre promosso la Carta presso l’opinione pubblica e le Istituzioni; un Convegno organizzato a Roma nel novembre del 2008 ha permesso di fare un primo bilancio della diffusione del documento.
Concretizzazione
Per concretizzare i principi espressi dal documento, è stato costituito successivamente un Gruppo di Lavoro di cui Fondazione ABIO Italia è capofila e che coinvolge PROGEA, Joint Commission International e SIP. Il Comitato Scientifico ha elaborato, a partire dai 10 punti della Carta dei Diritti, degli standard di riferimento concreti e misurabili, in base ai quali è stato realizzato il Manuale per la Valutazione della Qualità nelle Pediatrie Italiane.    (http://www.abio.org/default.asp


mercoledì 16 marzo 2011

I diritti dei bambini

La storia dei diritti dei bambini non è antica: comincia solo agli inizi del Novecento. Fino a tutto il XIX secolo, infatti, anche nela civile Europa, i bambini erano considerati e trattati, semplicemente, come adulti di minori dimensioni. E spesso, se appartenevano alle classi più povere, proprio le ridotte dimensioni li condannavano a lavori terribili: solo loro, ad esempio, erano in grado di entrare nei cuniculi più strettio delle miniere di carbone o di calarsi dentro le cappe dei camini per pulirli. La necessità di concedere ai bambini un aiuto, un'assistenza e una protezione particolari fu enunciata per la prima volta nella "Dichiarazione di Ginevra sui diritti del fanciullo" del 1924; venne poi ripresa nella "Dichiarazione dei diritti del Fanciullo" adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 e riconosciuta nella "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo" e nel "Patto Internazionale sui diritti dell'infanzia", che fu ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991 n.176, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991. Alla base vi è la convinzione che il bambino, speranza del futuro, deve ricevere la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo ruolo nella collettività. Inoltre, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità, egli deve crescere in un clima di felicità, amore e comprensione. Troppo spesso, tuttavia, i diritti riconosciuti all'infanzia sulla carta nella realtà quotidiana non vengono rispettati. Non solo, infatti, i bambini e gli adolescenti sono i primi a pagare il prezzo della povertà, del sottosviluppo, della fame e delle malattie, ma essi vengono anche sfruttati orribilmente, sia nei Paesi poveri sia in quelli più ricchi: come lavoratori nelle miniere e nelle fabbriche, come soldati e come manodopera per la criminalità di vario genere. (Democrazia e Partecipazione -Pellegrino- corso di educazione civica)



Studio del Segretario Generale ONU sulla violenza contro i bambini
Vede la luce in contemporanea a New York e a Roma lo Studio dell'ONU sulla violenza contro i bambini, il primo rapporto onnicomprensivo sul fenomeno degli abusi contro i minori in famiglia, nella scuola, negli istituti e in qualsiasi altro contesto sociale. 
 In questo speciale puoi trovare dati statistici, schede tematiche e risorse utili (inclusa una versione integrale in inglese dello Studio e una vasta sintesi in italiano) per conoscere in maniera dettagliata i risultati di questa grande ricerca, coordinata dall'esperto brasiliano Paulo Sergio Pinheiro, e maturato nel corso di un processo pluriennale che nella sua fase finale ha visto svolgersi una serie di importantissimi incontri regionali.

Una bambina in un Centro di accoglienza per figli di prostitute a Calcutta - India 
Una bambina in un Centro di accoglienza per figli di prostitute a Calcutta (India)
Tra il 2000 e il 2001, il Comitato sui Diritti dell'infanzia, nell'ambito delle proprie sessioni di lavoro dedicate alla trattazione e all'analisi delle tematiche relative ai diritti dei minori, ha dedicato due giorni alla discussione sulla violenza sui bambini.
 A conclusione dei lavori, è emersa le necessità di un studio approfondito e globale del fenomeno, da richiedersi al Segretario Generale dell'ONU attraverso una raccomandazione rivolta all'Assemblea Generale (CRC/C111, par. 707).
 In particolare, nella sua raccomandazione il Comitato sui Diritti dell'infanzia chiedeva che lo studio fosse "completo e influente", come quello svolto nel 1996 sull'impatto dei conflitti armati sui bambini, noto come "Rapporto Machel", dal nome dell'esperta che ne curò la redazione.
 Nel 2001, con la risoluzione 56/138, l'Assemblea Generale ha richiesto al Segretario Generale di realizzare uno studio sistematico sulla violenza sui bambini.
 E, con la risoluzione 92/2002, la Commissione sui diritti umani ha suggerito al Segretario Generale di incaricare un esperto indipendente, di guidare la realizazione dello studio, in collaborazione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, l'UNICEF e l'Organizzazione Mondiale della Sanità.
 Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, il 12 febbraio 2003, ha designato il prof. Paulo Sergio Pinheiro, alla guida dello studio, costituendo un Segretariato
 Dal 2003, migliaia di persone di tutto il mondo hanno contribuito allo Studio:
  • Più di 3.000 persone sono state coinvolte in 9 consultazioni regionali, effettuate per conferire solidità alle informazioni e sperimentare soluzioni da intraprendere a livello regionale; 
  • 14 consultazioni tematiche hanno portato a nuove conoscenze su aspetti cruciali per la comprensione del fenomeno della violenza sui bambini, la sua prevenzione e la risposta di contrasto quando essa si verifichi; 
  • Incontri svolti a livello nazionale e regionale - spesso guidati da bambini e adolescenti, o che li hanno comunque coinvolti - sono stati effettuati in tutto il mondo; 
  • Le ONG hanno partecipato attivamente attraverso vari canali, inclusa una Commissione Consultiva di ONG (Organizzazioni non governative) istituita per unificare gli sforzi delle ONG
  • Altre Agenzie ONU e organi regionali e internazionali - tra cui l'OIL/ILO, l'ACNUR/UNHCR, l'UNESCO, l'UNODC e il DAW-DESA - sono stati coinvolti nello Studio; 
  • Un numero record di 136 risposte a questionari dettagliati sono state ricevute dai governi interpellati. In molti casi, l'elaborazione della risposta ha dato luogo a un dibattito nazionale sulla questione della violenza sui bambini e ispirato iniziative per affrontare il problema; 
  • Più di 270 tra individui e organizzazioni provenienti da diverse parti del mondo hanno risposto all'appello di un confronto pubblico; 
  • Ricercatori, gruppi di bambini e adolescenti, aziende e singoli individui sono stati coinvolti per contribuire in diverse forme allo Studio.
Il rapporto presentato all'Assemblea Generale l'11 ottobre 2006 rappresenta solo uno degli sforzi compiuti.  
Un libro contenente l'insieme dei risultati dello Studio, 9 sintesi a carattere regionale e un pacchetto educativo per bambini e adolescenti figurano tra gli strumenti che saranno utilizzati per portare avanti le raccomandazioni prodotte.
Significativamente, in tutte le regioni sono stati avviati processi atti a dare prosecuzione ai lavori dello Studio e ad avviare interventi conformi alle sue raccomandazioni.
Se ognuno ha un ruolo da giocare per porre fine alle violenze sui bambini, le raccomandazioni, in ultima analisi, pongono l'accento sull'esigenza per i governi di ottemperare ai loro obblighi, allo scopo di prevenire e eliminare la violenza sui bambini. (http://www.unicef.it/)


martedì 15 marzo 2011

Articoli e Legalità

Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo
Articolo 1
Libertà e dignita di tutti gli uomini
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali di dignità e diritti.

Articolo 2
Uguaglianza
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea

Articolo 6
Diritto alla libertà e alla sicurezza
Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza.


Articolo 21
Contro la discriminazione
È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore
della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.


Articolo 23
Parità tra uomini e donne
La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.
Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi
specifici a favore del sesso sottorappresentato.


Articolo 24
Diritti del bambino
1. I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono
esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.
2. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente.
3. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni.


Costituzione della Repubblica Italiana 
Articolo 3
Uguaglianza

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.