Siamo i ragazzi della classe IV D del Liceo classico "G. D'Annunzio" (Pescara).
Partecipiamo a questo concorso perché abbiamo un interesse comune : quello di dar voce alle nostre opinioni sui principi della Legalità e della Libertà. I nostri lavori sono coordinati dalla prof.ssa Annapaola Giansante e con lei aderiamo ai progetti presenti a scuola (incontri con studiosi e referenti delle forze armate civili).

mercoledì 20 aprile 2011

I bambini - lavoratori...

E' facile incontrarli in Brasile, in Nepal, nelle Filippine. Ancora più facile in India e nel Bangladesh. Ma non è difficile neppure trovarli molto più vicino. A casa nostra. I bambini che lavorano in Italia sono oltre 400.000 e, a dispetto dei luoghi comuni, sono nascosti nel Sud più povero, ma anche nel Nord-Est più ricco. Potrebbero essercene nel capannone alla periferia della nostra città, nel retrobottega di un artigiano del centro, nella cucina del ristorante di prestigio, nello scantinato del palazzo di fronte. "Lavoro e lavori minorili" è il titolo della prima inchiesta condotta in un Paese industrializzato sul lavoro minorile (il 97% del campione ha tra gli 11 e i 14 anni), realizzata dalla Cgil. Ora sappiamo chi sono, dove sono e cosa fanno questi bambini- lavoratori. Aggiustano, controllano, assistono, lavano, puliscono. La maggior parte, si legge nella ricerca, non svolgono mansioni paricolari. Il 47% lavora nei negozi, nei bar, nei ristoranti. Il 15% nelle officine, ai distributori di benzina, nei parcheggi. Il 17% fa l'ambulante o cuce vestiti o tomaie in famiglia, il 12% fa il garzone da un calzolaio o da un parrucchiere, il 10% è muratore, idraulico, elettricista, operaio. Quattro su dieci guadagnano meno di 100 € al mese. Soltanto il 4% va sopra i 500 €, i "baby-ricchi". "Nel Sud i bambini lavorano nelle imprese che cercano manodopera a bassissimo costo, nel Nord aiutano il padre nella micro-impresa di famiglia", dice un esponente della Cgil. La sorpresa è che sono di più al Nord: "E' un fenomeno della modernità, non dell'arretratezza", aggiunge con una formula efficace. Molti hanno abbandonato la scuola, ma molti altri sono studenti-lavoratori in pantaloni corti. E' un salto indietro di 250 anni. Non è il 2000, ma l'era della Prima Rivoluzione Industriale in Inghilterra. Da un lato la new economy (ossia l'insieme delle attività economiche, finanziarie e imprenditoriali legate all'uso di Internet), dall'altro la miniera. Non due paesi separati, ma gente che lavora pressoché gomito a gomito. Oltre la metà dei piccoli lavoratori fa più di otto ore al giorno. Uno su quattro non ha neppure la pausa pranzo, uno su tre stacca solo per meno di mezz'ora. Diritti zero. Le vacanze? Scordatevele! Il 46% dei bambini interpellati non ha le "ferie", e comunque non pagate. Se non c'è miseria materiale, c'è miseria culturale. Dice il presidente dell'Ires (Istituto di ricerche economiche e sociali)-Cgil: "Non si capisce come mai il Parlamento non abbia ancora approvato la legge che impone a tutti i prodotti il marchio sociale dei diritti per certificare che non si è fatto ricorso al lavoro minorile". 



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